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Malcolm X paladino dei Neri


di Sara De Vecchi

Da "L'Arena" del 20 Febbraio 2005


Quarant’anni fa fu assassinato uno dei capi più carismatici del movimento anti segregazionista
Dopo aver predicato l’odio e la lotta ad oltranza, si convertì ad un Islam più tollerante. Rimane un mistero chi l’abbia voluto eliminare


Il 21 febbraio di quarant'anni fa morì assassinato a New York Malcolm X, uno dei capi più carismatici del movimento anti- segregazionista americano, che ebbe in Martin Luther King il suo più noto esponente. In comune con questi Malcolm X ebbe due cose : il carisma e un'assoluta devozione alla causa per cui si batteva. Si distingueva però nettamente per tutto il resto. Malcolm era un fervente musulmano, mentre King professava il credo battista. Inoltre, se nel passato del reverendo divenuto premio Nobel c'era stato il carcere, esso era stato dovuto esclusivamente a motivi di ordine ideologico. Malcolm X, invece, in gioventù aveva conosciuto le patrie galere per fatti di droga e criminalità. Ma soprattutto a differenziare i due erano i metodi di lotta proposti : Malcolm non condivideva l'assoluto pacifismo predicato da King. Per lui il diritto all'uguaglianza dei neri era un traguardo da raggiungere "con tutti i mezzi disponibili".

Malcolm, nato nel 1925 nel Nebraska, era figlio di un povero pastore protestante e di un'immigrata caraibica. Il suo vero cognome era Little, ma l'avrebbe abbandonato negli anni Cinquanta ripudiando così un appellativo imposto ai suoi antenati dagli schiavisti bianchi e sostituendolo con quella "X" che stava invece a indicare l'incertezza, l'incognita delle sue origini africane. Malcolm rimase orfano di padre a sei anni e senza madre, internata in un manicomio, a quattordici. A prendersi cura di lui furono alcuni amici dei genitori. Le disgrazie e le miserie familiari si sommarono alla già dura realtà quotidiana con cui si scontravano le persone di colore d'America, incidendo inevitabilmente sul carattere di quel giovane, che infatti fu uno studente turbolento e irrequieto, tanto che fu cacciato da scuola e mandato in una casa di correzione.

Si rese conto sin da allora del razzismo che nella florida società d'Oltre Oceano colpiva tutti coloro che non avevano la pelle bianca. E come spesso accade in circostanze di estrema emarginazione, rispose all'odio che lo circondava con altrettanto odio, imboccando la via della malavita. Del resto in quegli anni di totale regime segregazionista, per i ragazzi neri non c'erano molte alternative a un'esistenza fatta di espedienti. Nel frattempo Malcolm si era trasferito nel ghetto di Boston, dove per un certo periodo di tempo si era guadagnato da vivere onestamente facendo il lustrascarpe e il cameriere. Ma era durato poco. Aggregatosi ad alcuni gruppi anarchici, si mise a gestire un giro di scommesse clandestine e a spacciare droga fino a organizzare una propria banda. La polizia l'arrestò per furto nel 1946 e il giudice lo condannò a una pena detentiva di dieci anni.

Fu tra le pareti del penitenziario di Stato che egli impresse la prima delle due grandi svolte alla sua esistenza. Dietro le sbarre, infatti, conobbe Elijah Muhammad e la sua Nazione dell'Islam, un movimento che si prefiggeva il separatismo in chiave di autosufficienza per i neri e attribuiva all'Islam il compito di riformare i costumi ed eliminare tutti i vizi e gli eccessi dell'"impura" società americana, denunciando al contempo il razzismo della religione cattolica. Al razzismo dei bianchi costoro opponevano un eguale razzismo, in una sorta di dottrina integralista, come diremmo oggi, che si discostava non poco dai dettami del Corano.

Malcolm se ne renderà conto, ma solo in un secondo tempo. All'inizio rimase profondamente colpito dagli insegnamenti di Muhammad e si convertì : "Fu come se una grande luce fosse entrata nella mia vita. Essa mi folgorò", rivelò in seguito. I precetti di Elijah Muhammad diventarono in breve i suoi precetti, e di conseguenza egli intraprese un'intensa attività di proselitismo nel carcere. Tornato libero, continuò quell'opera fondando moschee e lavorando alla trasformazione della Nazione dell'Islam in un vero e proprio soggetto religioso-politico di "musulmani di colore (o Musulmani Neri), separatisti e rigidamente organizzati". Egli assunse posizioni forti, dure, scagliandosi con espressioni violente contro il governo ed esprimendo a chiare lettere il proprio disprezzo per i bianchi, "responsabili di ogni nefandezza e crimine".

La sua oratoria mieteva sempre più consensi fra i relegati ai margini della società dal sistema segregazionista. Anche all'estero molti furono conquistati dal suo pensiero. Malcolm voleva sfruttare il generale malcontento del Sud del mondo, nazioni arabo-africane ed ex-colonie in testa, con l'obiettivo di formare un fronte d'azione comune contro lo strapotere bianco e affrancare dalle catene della discriminazione milioni di individui.

Frattanto si era entrati negli anni Sessanta, un decennio chiave nella storia del Novecento. Il partito-setta di Malcolm X era agitato da lotte intestine di potere che nel 1963 finirono con lo spingere l'infaticabile fondatore a staccarsene per dare vita con alcuni fidati seguaci all'Organizzazione dell'Unità Afroamericana, un nuovo movimento politico, stavolta laico ma che non rinnegava il richiamo alle radici islamiche.

Il 1963 fu anche l'anno della definitiva rottura di Malcolm X con Martin Luther King, avvenuta subito dopo la grande marcia d'agosto in cui questi tenne il suo famoso discorso. L'anno seguente il leader dell'OUA andò in pellegrinaggio alla Mecca, tappa che segnò la seconda e ultima grande svolta della parabola malcolmiana. Laggiù egli si accorse che il vero Islam aveva ben poco da spartire con i razzistici proclami inculcatigli in testa da Muhammad : era, anzi, l'esatto opposto.

Tornò quindi in patria animato da una rafforzata volontà di cancellare ogni forma di discriminazione, ma deciso a rinunciare agli incitamenti all'odio per i bianchi. E a suggello di questa nuova conversione, assunse il nome di Malik al Shabbaz. Questa inversione di marcia gli attirò non poche antipatie fra coloro che l'avevano sempre seguito. Scampò a un paio di attentati, ma la sua sorte era ormai decisa. Rimane un mistero chi l'abbia voluto eliminare : per qualcuno fu opera dei Musulmani Neri, per altri ci fu lo zampino dell'FBI o della malavita cui Malcolm era inviso per via dei sermoni contro la droga. Sta di fatto che mentre si apprestava a tenere una conferenza a New York in quel 21 febbraio 1965, fu crivellato da sedici colpi di pistola, sparati da tre misteriosi individui seduti in prima fila. Tre anni dopo la stessa sorte sarebbe toccata a Martin Luther King.