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America, i neri del Corano


di Marco D'Eramo

Da "il manifesto" del 20 settembre 2002


Milioni di diseredati dei ghetti e delle prigioni sono diventati musulmani e sono stati riplasmati dall'ideologia della Nation of Islam di Farrakhan, la più combattiva organizzazione degli islamici afroamericani. Oggi la loro rabbia si confronta con gli effetti dell'11 settembre e l'attacco all'Iraq

 

Jose Padilla è uno dei cittadini americani imprigionati per terrorismo, come John Walker Lindh, catturato in Afghanistan mentre combatteva a fianco dei taleban. Nonostante sembri il contrario, questi due uomini hanno qualcosa in comune. Mentre Lindh è un bianco californiano, Padilla, alias Abdullah al Muhajiir, è nato invece a Brooklyn da genitori portoricani, è poi diventato membro di una delle più violente gang di Chicago, i Latin Disciples. Benché portoricano, si ritiene nero e non latino, come ha dichiarato nella sua licenza di matrimonio in Florida, dove è stato arrestato per aggressione aggravata e dove è stato in carcere per 10 mesi. Lindh è stato convinto a recarsi alla moschea vicino a casa sua dalla lettura dell'Autobiografia di Malcolm X scritta da Alex Haley, mentre Padilla si è convertito all'Islam in prigione, proprio come Mike Tyson era diventato musulmano in cella. Le conversioni in galera sono dovute alla Nation of Islam (Noi), nota come i Black muslims, proprio l'organizzazione resa celebre da Malcolm X che ne fu il più celebre apostolo, prima di uscirne ed essere ucciso nel 1967, quasi certamente dalla stessa Noi: l'omicidio di Malcolm X fu una delle cause più importanti del diffondersi delle Black panthers e del nazionalismo nero.


Dal Corano alla Jihad


Quel che lega il bianco Lindh al portoricano Padilla è la Nation of Islam: attraverso di essa si sono accostati al Corano e, alla fine di un lungo percorso, alla Jihad islamica.

I Black muslims costituiscono per qualunque governo americano un problema ben più spinoso e una minaccia ben più grave di qualunque Saddam Hussein od Al Qaeda. Degli otto milioni di musulmani che vivono negli Stati uniti, 2,5 milioni e mezzo - circa il 30% - sono neri afroamericani (vent'anni fa tutti i neri viventi in Usa erano afroamericani, ma oggi c'è quasi un milione di africani appena immigrati).

Oggi nelle prigioni Usa sono detenuti più di 2 milioni di carcerati ( e altri 4 milioni sono liberi su parola per buona condotta, o in libertà vigilata). La metà di questi prigionieri sono neri (e si calcola che un maschio nero su cinque sia stato almeno una volta dietro le sbarre): vuol dire che almeno 3 milioni di maschi neri hanno conosciuto la galera. La Nation of Islam, un po' religione, un po' gang, un po' impresa commerciale (offre servigi di sicurezza), un po' centro sociale di riabilitazione dei drogati, è la più nota e più combattiva organizzazione di musulmani afroamericani. Ma soprattutto, esercita l'egemonia sulle prigioni e su molti ghetti neri.

Perciò la campagna violentemente anti-islamica lanciata dagli integralisti cristiani delle sette protestanti, le voci antiarabe degli ebrei Usa e l'atmosfera di condanna incombente sui musulmani rischiano di far divampare un incendio nei sovrappopolati penitenziari e nei miserabili ghetti urbani. Basta ricordare le sommosse nere degli anni `60, le rivolte nelle prigioni, i moti di Los Angeles del 1992, per capire che il governo si muove sul filo di un rasoio: da un lato alimenta l'ostilità contro l'antioccidentalismo dell'Islam per dare una parvenza di ragione alla guerra contro l'Iraq, ma dall'altra dice di non avere nulla contro la religione islamica per evitare in tutti i modi uno scontro aperto con la Nation of Islam, l'unico gruppo a godere di una sorta d'impunità per quanto riguarda l'antipatriottismo.

Susan Sontag è stata linciata appena ha osato dire che dei dirottatori si poteva dire tutto, ma non che fossero dei vili, perché le sembrava più vigliacco sganciare una bomba da 20.000 metri. Invece Louis Farrakhan, il leader della Noi, può dirne di tutti i colori, tanto viene completamente censurato dai media americani. Solo il settimanale inglese The Economist notò nell'ottobre scorso che per Farrakhan il biasimo per gli attacchi dell'11 settembre cade tutto sui «bugiardi, lesbiche, ruffiani e ciucciaputtane» che hanno mandato in malora la società e la politica estera Usa e meritato la punizione divina».


Farneticante teogonia


Certo, il silenzio che circonda le posizioni di Farrakhan dipende anche dal suo linguaggio colorito, dal suo antisemitismo (il giudaismo è «la Sinagoga di Satana» e Hitler «un grande uomo») e dalla farneticante teogonia della Nation of Islam, secondo cui fino a 6.000 anni fa l'umanità era tutta nera e viveva felice, finché uno scienziato pazzo, Yacub, creò il peloso uomo bianco per portare dolore e sofferenza alla razza nera in attesa che un nuovo profeta, Eljiah Muhammed, giunga a liberare i neri dalle loro catene.

Né la posizione della Noi è maggioritaria presso i neri. Anzi, uno dei più curiosi e inattesi effetti collaterali dell'11 settembre è stato di far salire i neri dal gradino più basso della società americana, che fino ad allora occupavano in condominio con i nativi. Da quando il ratial profiling e la discriminazione hanno colpito gli immigrati mediorientali (vedi la puntata precedente di questo reportage, pubblicata il 17 settembre), i neri sono di riflesso meno «altri» e più «parte di noi». La borghesia nera è diventata così un po' più borghese e un po' meno nera. Ma la reazione è ben diversa tra i milioni di neri diseredati che si sono rivolti all'Islam e che nelle prigioni sono riplasmati dall'egemonia della Noi. Per quanto snobbata, la Noi è stata l'unica organizzazione capace di portare a Washington un milione di persone a manifestare per l'orgoglio nero (la Million Man March avvenne nell'ottobre 1995).

Fin dall'inizio Farrakhan ha detto che l'amministrazione Bush non vuole o non può rispondere alla domanda generata dagli attacchi dell'11 settembre: «Perché il mondo ci odia tanto?» (odia «il governo e la politica Usa non il popolo americano»). La Nation of Islam si è opposta ai bombardamenti in Afghanistan. A luglio Farrakhan si è recato in Medio oriente. L'ingresso gli è stato rifiutato in Israele, ma lui è sbarcato in Iraq cui ha portato la solidarietà dei neri americani.


America «drogata di petrolio»


A febbraio aveva attaccato l'America «drogata di petrolio», indicando nel petrolio la causa di tutte le sue politiche, dall'appoggio alla guerriglia cristiana in Sudan per creare una secessione del sud del paese (dove è stato scoperto uno dei più grandi giacimenti), agli attacchi in Afghasnistan per impiantarsi in Asia centrale e controllare i giacimenti attorno al mar Caspio, alla sua politica mediorientale tutta basata sul controllo del petrolio, dal rovesciamento del governo laico di Mossadekh in Iran nel 1954 fino alle basi militari di stanza in Arabia saudita, in Kuwait e Qatar, per culminare al prossimo attacco all'Iraq.

La Nation of Islam fu fondata negli anni '30 dal figlio di un predicatore battista nella Georgia Rurale, Eljiah Poole, che decise di chiamarsi Eliah Muhammed dopo aver incontrato a Detroit un misterioso messaggero di Allah, W. D. Fard che lo convertì. Eljiah Mohammed fondò allora la Noi e la trasferì a Chicago, finché negli anni `50 l'apostolato di Malcolm X (anch'egli convertito in prigione) la portò sulla ribalta nazionale. Ma la Nation of Islam non è nata dal nulla.

In un interessante articolo apparso sul quindicinale In These Times, Salim Muwakkil traccia una breve storia delle origini dell'islamismo tra i neri Usa. Intanto gran parte degli schiavi neri portati in America era stata convertita all'Islam dai conquistatori e schiavisti musulmani. Gli schiavi furono convertiti al cristianesimo, la religione dei nuovi padroni. Molti di loro trovarono rifugio in sette cristiane come l'African Methodist Episcopal Church. Ma di fronte al cristianesimo, l'Islam fu sempre circondato - tra schiavi e poi tra liberti neri - da un'aura fuorilegge.


Le origini dell'islamismo nero

A fine `800, un pastore cristiano, Edward Wilmot Blyden, cominciò a propagandare l'Islam come alternativa nazionalista nera al cristianesimo: nel libro del 1887, Christianity, Islam and the Negro Race, argomentò che, per la sua tolleranza e la dottrina di fratellanza, l'Islam era una religione più appropriata del cristianesimo per la razza nera: il cristianesimo era diventato uno strumento ideologico usato dagli europei per sradicare gli africani e insegnargli a rinnegare il proprio retaggio. I legami tra Islam e nazionalismo nero si strinsero quando l'afroamericano Timothy Drew, emigrato dalla North Carolina, cambiò il proprio nome in Nobel Drew Ali e nel 1913 fondò nel New Jersey il primo «Tempio Caananita». Nel 1928 Ali cambiò il nome del suo gruppo in Moorish Science Temple of America; si diffusero negli Usa templi dove si predicava che l'Islam è la religione ancestrale dei neri. La Dottrina di Ali era (come sarà poi quella della Nation of Islam) un miscuglio di misticismo islamico, gnosi e dottrine massoniche.

Contemporaneo ad Ali fu Marcus Garvey, la cui Universal Negro Improvement Association (Unia) aveva come slogan «Un Dio, una meta, un destino» e propugnava il pan-africanismo, l'orgoglio razziale e il separatismo. Garvey voleva unire «tutti i popoli neri del mondo in un grande corpo per creare una nazione e uno stato assolutamente loro». Al suo apice l'Unia ebbe un milione di militanti e «fu il primo vero movimento di massa tra glil afroamericani e il più grande movimento razziale nella storia della diaspora africana» scrive Muwakkil. Ed è notevole che sia ambedue i genitori di Malcolm X, sia Eljiah Poole (prima di diventare Eljah Muhammed) fossero stati tutti membri dell'Unia: il cerchio si chiude.

Uno dei flash più inaspettati e sconcertanti riguarda i tanti musicisti di jazz afroamericani attratti dall'islamismo. A prima vista sembra incongrua l'idea di un jazz musulmano. Eppure Ahmad Jamal, Art Balkey, McCoy Tyner e Abbey Lincoln divennero musulmani praticanti e si disse che anche Charlie Parker si fosse convertito e avesse cambiato il suo nome in Abdul Karim. I musicisti erano attratti dal movimento Ahmadiyya, nato in India nell'800. Come si vede, se scontro ci dovrà essere tra Islam e cristianità, sarà un bel match sul ring religioso, con Mohammed Ali (Cassius Clay) e Mike Tyson a combattere per il Corano.