In chiusura
della stagione dellAtelier viene proposto un
significativo progetto didattico e artistico legato alla
Civica Scuola di Musica e alla sua sezione Jazz: la
ripresa, dopo 28 anni, del Colloquio con Malcolm X
di
Giorgio Gaslini, sicuramente uno dei più interessanti
esempi europei di uso delle forme estese nella
composizione jazz.
Andato in scena la
prima volta nel 1970, nellambito della stagione
lirica del Teatro Margherita di Genova (allora Teatro
Lirico Comunale) per la regia di Carlo Quartucci, il
Malcolm X venne poi rappresentato, in forma di concerto,
alla Fenice di Venezia e al Filodrammatici di Milano.
Lopera fu registrata per la PDU (che recentemente
lha ristampata in Cd) soltanto tre anni dopo e in
versione non integrale, in quanto vennero tolti dalla
partitura una decina di minuti di musica.
LAtelier
lo propone invece nella sua interezza, offrendo una
visione globale di un lavoro significativo, collocabile
in uno dei principali filoni di ricerca nei quali si è
articolata lormai cinquantennale attività del suo
autore, in più occasioni (non solo jazzistiche)
impegnato in lavori di teatro musicale.
Un terreno
particolarmente fecondo per Gaslini, personaggio
singolare nel panorama musicale italiano del novecento
post-bellico proprio in virtù delloriginale
ricerca di un linguaggio in grado di coniugare generi e
forme diversi in una sintesi artistica, da lui teorizzata
nel famoso libretto Musica Totale.
La tematica
dellopera é poi legata al periodo storico in cui
fu composta, nel quale una parte dei jazzisti italiani
dimostrava una particolare sensibilità verso la
situazione politica nazionale e internazionale.
Si
collocano in questo filone, tra le altre, composizioni
quali Il Fiume Furore, Fabbrica Occupata, Concerto della
Resistenza, dello stesso Gaslini; Nuova Civiltà e To The Victims Of
The Vietnam di Enrico Intra; Cile Rosso, Cile Libero di
Gaetano Liguori.
Il Malcolm X si
compone di sei scene, qui rese in versione concerto,
tutte ispirate ai momenti della vita di uno dei leader
neri più carismatici di ogni tempo; le parti recitate in
lingua italiana sono quasi tutte tratte dalla sua celebre
autobiografia (eccetto le traduzioni di
I, Too, Am America! di Langston Hughes, Lord, Im
Tryini To Make It In di Julius Lester e If We Must Die di
Claude McKay) e sono affidate alle voci di Corrado Villa,
del Piccolo Teatro, e di Laura Conti, cantante di jazz e
docente ai Civici Corsi milanesi.
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I testi cantati o letti
in inglese sono quindi riferibili ad altri autori
afroamericani: di tutti si allega loriginale
(peraltro di semplice traduzione). Il Colloquio con
Malcolm X rappresenta dunque un momento specifico della
scena musicale italiana, e non solo italiana, in quanto
testimonia di un impegno sia artistico (la ricerca di
nuove forme di espressione) sia sociale.
Riproporlo oggi
significa anche sollecitare una riflessione su
unepoca che, pur con tutte le sue contraddizioni,
era lontana mille miglia da quella odierna, in cui troppo
spesso la musica viene costruita con una logica più
congeniale a un prodotto industriale che a unopera
darte.
A eseguire il
Colloquio con Malcolm X ci saranno due realtà stabili
del panorama musicale milanese: Il Coro dei Civici
Corsi di Jazz, composto da trenta studenti-cantori e
diretto dalla nostra più apprezzata cantante di blues,
gospei e spiritual, Francesca Oliveri, e la Civica Jazz
Band, fondata e guidata da Enrico Intra, che lha
pensata come un laboratorio aperto anche a progetti
esterni a quelli dei Corsi.
Un impegno rispettato, tanto
che questa volta lorchestra, in cui siedono i
migliori allievi accanto a docenti di grande prestigio,
verrà diretta da Giorgio Gaslini, che per alcuni mesi ha
provato lopera allinterno della scuola,
trasformando un operazione artistica in un
complesso progetto in cui si coniugano didattica e
produzione.
Ai due gruppi si aggiungono tre voci soliste
quali la soprano di origine coreana Hyo Soon Lee, la
mezzosoprano nigeriana-americana Titilayo Adedokun e il
baritono Massimo Pagano. Ed é particolarmente
significativo che proprio in questa occasione venga
presentato il fondo disco-grafico Pino Candini, donato a
Musica Oggi dalla moglie del grande critico, scomparso
nel 1996 quando ancora era alla guida della rivista
Musica Jazz.
Candini è stato non solo un testimone degli
anni 70 del jazz, sui quali ha scritto con raro
acume, ma un sostenitore di tutte le imprese coraggiose
dei nostri artisti.
Gli oltre tremila dischi del suo
lascito, selezionati da una discoteca ben più vasta,
rappresentano uno spaccato significativo della storia del
jazz, che verrà messo a disposizione, da Musica Oggi,
sia agli studenti dei corsi sia a tutti coloro che per
necessità di studio faranno la richiesta di consultazione
del raro e stupendo materiale.
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